Reportage di un viaggio in Giappone
E’ la prima volta che parto senza alcuna preparazione, senza aver organizzato nulla in prima persona e soprattutto senza grandi aspettative…
Ho la mentre sgombra da pregiudizi, da letture, da film….ho deciso: mi lascerò sorprendere da questo viaggio breve e soprattutto inatteso alla scoperta del Giappone.
C’è un cielo coperto all’aeroporto Franz Josef Strauss di Monaco di Baviera quando il nostro aereo della Compagnia di bandiera Lufthansa lascia l’Europa alla volta del Giappone.
E’ la prima volta che volo in business class, e ne hanno parlato tutti un gran bene soprattutto per la possibilità di sdraiarsi e dormire nei voli di questo tipo. Ed è vero.
A bordo vi sono 2 menu: il primo, in stile occidentale mentre il secondo prevede cibo giapponese. Vi sono anche dei “televisorini” privati dove ognuno può scegliere il film che vuole vedere, quando e come gli pare.
Dopo 12 ore esatte di volo (e cinque di meritato e inatteso riposo a bordo) atterriamo all’aeroporto Narita di Tokyo.
L’aeroporto è enorme tanto che l’aereo una volta atterrato ci mette un bel po’ prima di raggiungere il suo punto di sosta.
All’arrivo viene a prenderci il nostro accompagnatore giapponese, che resterà con noi per tutta la settimana. Si tratta di un ragazzo simpatico – all’inizio un po’ timidino -, che ha vissuto cinque anni in Europa e il suo aspetto è tutt’ora molto occidentalizzato. Con lui al nostro fianco la vacanza acquisterà un sapore di scoperta in più, grazie anche ai suoi preziosi consigli da “insider”.
Un autobus ci porta da Narita alla stazione Tokyo Central in circa 1 ora, e da li prendiamo un taxi per raggiungere il primo dei tre hotel previsti durante il nostro soggiorno. Si tratta dell’Hotel The Dome che si scorge già in lontananza.
Spicca dall’alto questo mastodontico grattacielo. Ci assegnano una camera al 23esimo piano e poter salire a mezzo del rapidissimo ascensore è già la un’emozione a sé.
Il nostro accompagnatore non perde tempo e ci porta subito a visitare Asakusa che è la parte ancora storica di Tokyo, una volta chiamata Edo.
Gironzoliamo per mercatini che espongono merce dai colori stravaganti quasi tutta a base di riso….ma siamo stravolti dal lungo volo e decidiamo di rientrare subito in hotel.
Sarà l’adrenalina o la consapevolezza di avere pochi giorni a disposizione per vedere tutto, ma appena in camera ci assale una frenesia di ri-immergerci nella vita di questa città spettacolare e quindi eccoci di nuovo fuori: per la nostra prima serata giapponese il ns amico ci propone una cena tipica giapponese: ci porta in un locale dove ci fanno subito togliere le scarpe e sederci a terra a gambe incrociate: si tratta di un tatami , tipico tavolo che si usava una volta in Giappone.
a proposito vi garantisco che se non siete flessibili come un gatto, un paio di orette in quella posizione non vi faranno di certo sorridere.
All’inizio della cena vengono fornite delle salviettine bollenti per sciacquarsi le mani e le bacchette (chopsticks) per mangiare….
In un lampo di passa nella testa che ieri mi trovavo ancora comoda nella mia casetta in Italia e oggi, poche ore dopo, sono qui seduta nella posizione del fior di loto a mangiare cose strane dai nomi impronunciabili, senza scarpe, senza forchetta e coltello, ustionata da una salviettina all’apparenza innocua. la magia dei voli intercontinentali fa anche questo!
MI sento stranamente fuori luogo ma so che è una situazione di adattamento la mia e passerà…
Il lunedi è dedicato agli affari, pero riusciamo ad affacciarci velocemente ad un mercatino di bonsai deliziosi, e composizioni di fiori veramente stupende.
Il martedi ci si alza di buon ora, si lascia l’hotel “The dome” per dirigersi al monte Fuji e in seguito a visitare la citta di Kyoto. Per la nostra escursione ci appoggiamo ad un agenzia molto grossa (mi sembra si chiami Sunrise tours) e l’organizzazione è ineccepibile. Il punto d’incontro é la stazione degli autobus, dove si affollano migliaia di persone ognuna in cerca del suo autobus per i vari siti turistici, ma non c’è assolutamente nessun caos, anzi si percepisce uno stato di armonia nelle cose ma soprattutto nelle persone che, come occidentale mi lascia di stucco.
Sono nata a Milano che confronto a Tokyo, lasciatemelo dire sembra un paesino di campagna, qui ci sono 12.000.000 di abitanti , ma non si sente un clacson suonare, non ci sono auto parcheggiate malamente, non c’è il furbo che ti sorpassa incurante, e nemmeno quello che cerca di soffiarti il posto mentre sei in coda per un taxi. Sono incredula.
Abbiamo una fortuna sfacciata anche con il clima: durante la nostra permanenza si sono sfiorati i 25 ° nonostante sia autunno inoltrato come da noi. I giapponesi ci hanno detto che questa è la stagione migliore per visitare il Giappone. E cosi anche oggi, riusciamo a vedere la cima del Monte Fuji.
E’ alto più di 3.000 mt a, ma ciò che colpisce maggiormente è il suo diametro alla base… E’ un cono immenso, la punta innevata oggi si scopre per i suoi visitatori . Per contro, c’è un vento fortissimo e scendiamo dal bus solo per un paio di foto e poi ripartiamo alla volta di Hakone.
Mi dicono sia un posto molto affollato d’estate. Non mi colpisce particolarmente. C’è un laghettino dove ci portano a fare un giro in barca, ma niente di che.
In serata raggiungiamo Kyoto. Di primo acchito , proveniendo da Tokyo mi sembra di essere atterrata in un paesino (e nemmeno molto accogliente…) ma è notte e sono stanca. Domani lo vedrò con altri occhi.
A Kyoto alloggiamo all’Hotel Okura, che ancora una volta è di un eleganza ineccepibile.
La cena stasera è stata molto particolare: abbiamo assaggiato il famoso shabu-shabu, che è una specie di fondue. Ci hanno portato un grosso pentolone collocato in mezzo al tavolo sotto al quale bolle dell’acqua. In un piattino separato ci fanno trovare delle fettine di carne molto sottili da intingere nell’acqua bollente: un’esperienza da provare….
Al rientro in Hotel la sgradita sorpresa: é la notte più lunga dall’arrivo, e i sintomi del jet lag cominciano a manifestarsi in maniera anche abbastanza evidente. Trascorro l’intera notte completamente in bianco chiusa in bagno a leggere un buon libro per non disturbare il marito che questo problema non sa nemmeno cosa sia ( beato lui!)
La mattina seguente si parte verso le otto per le nostre tre escursioni a Kyoto: visitiamo il palazzo dell’imperatore, il Golden Pavillon, e il tempio di Nin-jo…
Una meraviglia soprattutto il Golden Pavillion, un tempio dorato costruito tutto in legno sito su un lago sul quale si rispecchia. Le foto si sprecano, ma questa è una delle attrazioni nazionali e si resta allibiti a guardarla. Trasmette ancora una volta una calma ed una tranquillità inaudite ed impensabili per noi occidentali. Me ne starei qui in contemplazione per ore.
La sera siamo cotti: in escursione abbiamo conosciuto una ragazza canadese in viaggio da sola e facciamo gruppo. Ci infiliamo in uno dei tanti sushi bar che fanno show cooking (quindi tu ti siedi su uno sgabellino come al pub e vedi i cuochi che preparano il sushi per te)
A proposito le porzioni qui sono molto diverse da quelle che conosciamo noi nei vari all you can eat!) ce lo gustiamo davvero fino in fondo e poi a letto di corsa.
Domani ci aspetta un altra giornata impegnativa.
Anche oggi a Kyoto (che alla luce del sole è bellissima e solare e mi ricorda molto Firenze): visitiamo un giardino zen, la foresta di bambù , ma soprattutto il nostro accompagnatore ci fa provare l’emozione della gita sul “Romantic train” che da Kyoto si inerpica su per le montagne all’interno di un parco naturale e la ridiscesa in barca (una specie di rafting molto meno rischioso) Spassosissimo, ci divertiamo davvero come bambini.
La sera finalmente proviamo l’esperienza di salire a bordo del velocissimo treno “Shinkansen” e in sole 2 ore da Kyoto torniamo a Tokyo (sono circa 450 Km) E’ un esperienza unica filare su uno di questi mostri aerodinamici e silenziosissimi.
Ora che le bacchette mi stanno diventando amiche, ci ho preso gusto con i sushi bar, e visto che i “locals” hanno smesso di ridermi dietro per come inforco il cibo, orgogliosissima mi piazzo sempre in prima fila in ogni sushi bar… So già che questo cibo mi mancherà da morire.
Il venerdì di ritorno a Tokyo, siamo alloggiati al Radisson Hotel nella zona della Tokyo Bay: uno spettacolo! Si trova nella zona vicina a parecchie ambasciate ed è bellissimo anche solo sostare nella hall all’ingresso sorseggiando sake e guardando la gente passare.
Ma io decido di farmi un giro da sola, mentre il marito è impegnato in una riunione di lavoro e visito il giardino con le cascate interno all’hotel e poi vado da sola ad esplorare la zona intorno. Quando mi rendo conto che non mi voglio allontanare troppo e che qui il concetto di vicinanza al mare è diverso che da noi, faccio ritorno in Hotel.
Il pomeriggio il nostro accompagnatore è occupato, quindi veniamo “presi in carico” da un suo collega. E’ un ragazzo molto timido, parla poco inglese ( pochi giapponesi parlano inglese e se ci aggiungete anche questa loro timidezza congenita, capirete che capirli quando parlano a volte è un bel problema).
Cosi di primo acchito ci porta a visitare un centro commerciale nella zona portuale di Tokyo ( e noi all’inizio non riusciamo a capire nemmeno come mai ci porta in un centro commerciale) ma appena varchiamo il Raibow Bridge, che è un ponte fantastico e vediamo il mare , la ruota di Tokyo etc. capiamo il perche: all’interno di questo spazio immenso c’è un ambiente dove la casa automobilistica Toyota presenta le sue novità, un piccolo museo dell’auto con ambientazioni molto carine, un centro commerciale in stile Las Vegas. Per ristorarci dal nostro shopping quasi maniacale, andiamo in un barettino che si affaccia direttamente sulla baia.
E’ il tramonto, e il ricordo delle luci della baia di New York scompare al cospetto di questa meraviglia.
Ma il meglio deve ancora venire: l’esperienza che porterò per sempre nel cuore è una cena tipica giapponese a bordo di una barchetta di legno all’interno della baia. Ancora non lo sappiamo ma i nostri amici giapponesi per l’ultima serata ci vogliono deliziare con un’esperienza veramente unica. Verso il tramonto ci portano con un taxi al porto. Da qui, in una zona di dubbia bellezza, ci fanno salire su una barchetta in legno, con appese all’esterno tante lucine di carta. Ci fanno accomodare seduti per terra, ci fanno togliere le scarpe: notiamo un grande tavolone di legno apparecchiato per cinque persone. Giusto il tempo di meravigliarci che la nostra barchetta salpa alla volta della baia e vengono aperte le finestre: in quell’istante ci si para davanti uno spettacolo che a parole non si può descrivere.
Tutt’interno a noi migliaia di barchette di legno uguali prendono il largo; tra di loro ci sono anche yachts di lusso a bordo dei quali manager rigorosamente in camicia bianca e giacca nera, magari, festeggiano il loro ultimo successo.
Sopra di noi il meraviglioso Raibow Bridge, in lontananza la torre di Tokyo, il palazzo della TV nipponica, mille palazzi, hotels, uffici, migliaia di luci e lucine, si riflettono nelle calme acque del mare . Ci viene servita la cena che è un tripudio per chi come noi adora la cucina giapponese: sushi, sashimi, tempura, un buon sake
Ci si avvicinano altre barchette come la nostra: all’interno di alcune di queste si balla, si brinda: per un attimo i giapponesi perdono il loro aplomb professionale e l’atmosfera si fa scherzosa, rilassante e cosi tremendamente in armonia che non vorrei mai scendere
Stabilito che il karaoke in giapponese è un’arte nella quale preferisco non dilettarmi resto incantata a fissare le luci della baia che si aprono davanti al mio sguardo.
Sabato mattina è il nostro ultimo giorno: piove. Decidiamo di fare un giro a Ginza (il quartiere degli acquisti chic). Qui nonostante il nostro Euro forte, gli acquisti sono decisamente cari, direi quasi proibitivi
Nel pomeriggio andiamo invece a curiosare a Omotesando, altra zona calda dello shopping: in vetrina tutti i migliori marchi della moda italiana, per le strade migliaia di belle ragazze vestite all’ultima moda, sfilano ed è un piacere guardarle. Hanno una grazia naturale. Ci infiliamo in un centro commerciale chiamato OMOTESANDO HILLS progettato da un noto architetto giapponese, che è fatto a “gironi”: se si vogliono visitare i negozi si cammina lungo la balaustra e si sale o si scende a seconda.
Anche qui , come dovunque, regna sovrana un’armonia incredibile. I negozi sono bellissimi, curati nei minimi dettagli, non come i nostri centri commerciali occidentali dove i negozi si assomigliano un po’tutti.
Ogni negozio ha delle luci, dei colori e delle atmosfere che incantano.
L’ultima cena decidiamo di trascorrerla in un ristorantino famoso: ci sfondiamo di sushi e sashimi e rientriamo in Hotel. Domani si parte.
Mi affaccio alla finestra della mia camera all’undicesimo piano dell’hotel Radisson e guardo le luci laggiù.
Penso che questa non sia stata solo una vacanza ma un’esperienza di vita che ha coinvolto tutti i miei sensi. Non vedo l’ora di tornare in Italia per raccontare a tutti, anche agli scettici che il Giappone è un paese assolutamente da visitare, e che bisogna farlo con la mente aperta, il portafoglio abbastanza pieno (anche se non è cosi caro come si dice), tanti rullini per le foto, una buona guida tipo Lonely Planet, una buona dose di adattabilità e di apertura mentale, la conoscenza della lingua inglese, e l’umiltà di pensare che a volte altre popolazioni possono veramente insegnarci tanto.
Vedo riflesse nelle luci di questa citta i sorrisi dei bimbi cosi belli in Oriente, le donne orgogliose dei loro kimono, e sopra di me, mentre le guardo per l’ultima volta , brillano nel cielo di Tokyo un milione si stelle.